Fabio Dotti, il barista green e Fairtrade

Ha solo 22 anni ma il suo entusiasmo e la sua dedizione sembrano quelli di una persona di esperienza. Ha le idee molto chiare Fabio Dotti, un giovane che, per conto di Caffè Agust di Brescia, forma centinaia di baristi e che ha fatto di questo lavoro più che una professione una missione. Una carriera fulminante, iniziata l’ultimo anno della scuola superiore come cameriere in un ristorante vicino casa per poi proseguire con un percorso di formazione in barman e caffetteria e coronata da una Master in trainer per l’Aicaf- Accademia italiana Maestri del caffè. La qualifica gli ha aperto le porte della prestigiosa Pasticceria Veneto di Iginio Massari, a Brescia, dove ha lavorato come barista e dove ha maturato la capacità di interagire con la clientela mantenendo un’alta qualità del servizio.

 
Alla fine di queste esperienze sul campo, Fabio Dotti ha scelto la formazione: “La vita del formatore mi piaceva  molto: amo ascoltare le diverse esperienze degli allievi, farle mie, imparare dalle loro storie, cercare di essere un riferimento e utile per loro a migliorare”. La Torrefazione Agust  di Brescia l’ha scelto proprio per questo e così Fabio è diventato formatore per baristi a tempo pieno e, nello stesso tempo, partecipando alle gare di caffetteria, ha vinto il titolo di vicecampione italiano di cup tasting e di campione mondiale di espresso italiano. Un ambasciatore prezioso per chi, come Agust, ha investito tutto sulla qualità e l’eticità del prodotto.

 

Quanti baristi incontra e come si svolgono i suoi percorsi di formazione?

Ogni anno mi confronto con centinai di baristi, amici, colleghi e coffeelover per aggiornarci, cercando ogni volta di trovare una linea comune per diffondere al meglio la cultura del caffè anche verso il consumatore finale. Organizzo sempre corsi di formazione con poche persone per riuscire a seguirle al meglio sia per la parte teorica sia soprattutto nella parte pratica. L’obiettivo è quello di migliorare le proprie abilità, scoprire cose nuove, aggiornarsi sul mercato, acquisire maggior consapevolezza e imparare a interagire di più con i clienti. Non si smette mai di imparare!

Che cosa vuol dire promuovere un caffè sostenibile come quello di Agust che porta la certificazione Fairtrade? C’è consapevolezza da parte dei baristi nel proporre ai propri clienti un prodotto così particolare?

Promuovere un caffè sostenibile vuol dire a mio avviso educare il consumatore valorizzando chi lo lavora, e di conseguenza anche l’ambiente. Un percorso educativo che non si ferma per fortuna solo al caffè ma a tutti i prodotti che madre natura ci ha messo a disposizione nel rispetto delle future generazioni. Lavorare in Agust, fin dall’inizio mi ha aiutato a sviluppare maggiormente questa sensibilità e soprattutto a vedere che con semplicità ma buona volontà e determinazione è possibile promuovere la sostenibilità. Sempre di più, in occasione dei corsi, parlare non solo della tecnica del caffè ma della sostenibilità nella coltivazione può educare il consumatore anche all’acquisto di prodotti che hanno alla base i valori di Fairtrade.

Lei è vicecampione italiano di cup tasting e campione mondiale dell’espresso italiano champion: quali sono le caratteristiche che sottolinea durante i suoi percorsi di degustazione?

Studiare, essere curiosi, informarsi, approfondire, guardare, annusare, gustare: il nostro cervello memorizza e utilizza le informazioni per identificare i profumi che possono caratterizzare il caffè. Solo assaggiando puoi capire se il caffè che stai facendo è buono, valutare la materia prima e capire se puoi migliorare il tuo lavoro. L’assaggio è fondamentale per essere consapevoli di quello che vendi e per coinvolgere, educare e consigliare il cliente. L’obiettivo finale è il piacere e solo se lo conosci puoi valorizzarlo. Tutta questa passione mi ha permesso di arrivare alla finale mondiale dell’espresso e aggiudicarmi il titolo così come quello di vicecampione italiano di cup tasting.

Come vede la professione di barista nel futuro?

La professione del barista non si improvvisa. Andrebbe guardata con altri occhi, e vissuta dal barista stesso in maniera differente, come frutto di studi costanti, sacrifici e non come lavoro di ripiego o temporaneo. Il barista deve e dovrà essere un esperto, un consulente e un comunicatore. Deve conoscere l’intero percorso del caffè, fare esperienze sensoriali, ricercare prodotti nuovi, viaggiare, formarsi e sperimentare in autonomia perché c’è una concorrenza spietata: “chi non si forma, si ferma”. Nel futuro vedo più confronto e relazione tra barista, piantagione, torrefattore e cliente. Il barista dovrà saper raccontare storie per far vivere al cliente un’esperienza sensoriale e coinvolgerlo. Bisogna catturare l’interesse, proprio come fa un buon sommelier con il vino: grazie al racconto che viene presentato, il cliente si affida a lui, felice di vivere un’esperienza unica.
 
 

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