Chico Mendes: il commercio equo che preserva la foresta amazzonica

Si dice che siano un super alimento, insieme alla quinoa, utilizzato addirittura per l’alimentazione degli astronauti nelle stazioni aerospaziali dove le condizioni ambientali sono particolarmente difficili, oppure dagli atleti per migliorare le loro performance sportive. Di sicuro, la cooperativa Chico Mendes di Modena, non ha iniziato a importare le noci dell’Amazzonia e la frutta secca da Brasile e Bolivia per questo motivo ma per sostenere i produttori che dalla raccolta spontanea nella foresta ricavano i mezzi per sopravvivere. L’equilibrio ambientale da cui dipende la loro vita (queste piante crescono solo spontaneamente e non è possibile coltivarle) la rende particolarmente precaria, tanto che l’anno scorso il cambiamento climatico ha influito pesantemente sul raccolto. Valeria Bigliazzi di Chico Mendes ogni anno va a trovare le cooperative e si spinge tra le comunità della foresta per offrire il sostegno economico e la competenza tecnica che qui servono, oltre agli sbocchi commerciali, per garantire un prodotto di qualità anche ai clienti italiani.

Sei appena stata in Bolivia tra i produttori di noci. Come hai trovato la situazione?
Quest’anno, per fortuna, la produzione di noce dell’Amazzonia si prospetta normale, dopo che nel 2017 era caduta fino a -80%. Alcune associazioni sono purtroppo state molto danneggiate da questa situazione nello scorso anno. In pratica, la carenza di prodotto aveva provocato un innalzamento esagerato del prezzo della noce (fino a 4 volte quello base) e questo aveva provocato il dissesto economico delle organizzazioni. Due di loro non lavoreranno questo 2018, nella speranza che si possano riorganizzare e tornare a funzionale il prossimo. Con  Siamo riusciti a farli rientrare nel circuito Fairtrade Air MUije e grazie al nuovo gruppo dirigente si stanno rimettendo in funzione con ottime prospettive. Si sta affacciando anche un nuovo gruppo, Sefenbo, che riuscirà a mandarci uno o due container, grazie all’aiuto che abbiamo fornito (un tecnico, un amministratore e fondi per iniziare a funzionare).
Quali sono le principali problematiche che devono affrontare?
Le difficoltà sono la scarsa organizzazione e formazione dei produttori per cui sarebbe necessario un lavoro di base di consapevolezza, formazione, contabilità. I produttori non hanno all’inizio il concetto che organizzandosi si possono superare molte delle difficoltà economiche e sociali anche in luoghi difficili come la foresta. Poi, una volta organizzati, serve un accesso facile al microcredito per permettere l’operatività iniziale. In questo momento non c’è e spesso le organizzazioni si rivolgono a finanziarie con interessi altissimi, che a lungo andare scalfiscono la loro redditività e addirittura le indebitano con tutti i rischi per la sostenibilità.

In che modo Chico Mendes lavora con i produttori?
Anticipiamo anche il 70% del valore del contratto in modo da rendere possibile l’arrivo della noce alla fabbrica dove vene lavorata . Abbiamo un tecnico che li appoggia in ogni fase, dalla certificazione, alle ispezioni, alle visite alle comunità, all’organizzazione logistica. Poi andiamo in visita una o due volte all’anno per riunioni, o per la stipula dei contratti. Il rapporto personale con le organizzazioni è importantissimo: devono conoscere come lavoriamo, devono vedere i risultati e capire le strategie e i problemi dei nostri mercati. Insomma, devono sentire che siamo tutti sentirci nella stessa barca.
Come vengono impiegati i soldi del Premio Fairtrade?
Finora in migliorie e mezzi di produzione o acquisti. Stiamo orientando i soci per il futuro a utilizzare almeno il 50% del Premio Fairtrade di quest’anno per la costituzione di un fondo rotatorio interno alle organizzazioni per far fronte all’acquisto iniziale della materie prima. Sarà un esperimento, una sfida,  che se ben avviato darà sostenibilità e autonomia alle organizzazioni.
Quali sono gli effetti dei cambiamenti climatici in Amazzonia?
Difficile dirlo, perché in questa regione (Amazzonia Boliviana) non ci sono ricerche o studi approfonditi, ma sicuramente ci sono delle variazioni dei periodi secchi e piovosi, che si fanno più accentuati ed estremi. E questo fenomeno sembra danneggiare la produzione e provocare danni. Ma anche gli incendi, il taglio illegale del bosco provocano disastri: l’uomo è sempre un attore determinante dell’andamento della copertura boscosa in Amazzonia. Per esempio, in Bolivia sono in atto piani per semine intensive di mais, soya, e l’introduzione dell’agricoltura meccanizzata in aree di foresta. Questo processo causerà sicuramente cambiamenti climatici irreversibili a lungo andare.
Che cos’è a tuo avviso il cambiamento più importante portato dal commercio equo?
Le organizzazioni adesso sanno che esiste un’alternativa alla commercializzazione con i loro intermediari locali, sanno che se vogliono possono farcela da soli e con l’aiuto degli attori del commercio equo e che questo canale di vendita ha dei vantaggi che gli altri non hanno. Da quando si è affacciata questa possibilità i prezzi della noce non sono mai più caduti al livello in cui erano prima , a fine anni 90. Il prezzo allora era fino a 6 -7 volte  meno di quello che è adesso.
Dall’altra parte del mondo, le noci dell’Amazzonia sono un prodotto sempre più richiesto e acquistato dai consumatori. La domanda provoca un impatto sulle comunità di origine?
Si, per esempio, oltre all’utilizzo come fondo rotativo per le organizzazione produttive, parte del Premio Fairtrade viene comunque impiegato per investimenti che altrimenti sarebbero impossibili. Una comunità ha già deciso di realizzare un magazzino collettivo per la noce, alcuni pagheranno altri investimenti… Sono soluzioni alle quali non hanno accesso con il commercio convenzionale. In questo modo si acquista la consapevolezza che la noce è un prodotto prezioso, quindi si conserva la foresta da cui si ricava. Credo che il miglior impatto del commercio equo è che laddove esiste è garanzia di conservazione della foresta.

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