Non c’è giustizia climatica senza giustizia nel commercio

Il Movimento del Commercio Equo e Solidale chiede alle Parti dell’UNFCCC di mantenere gli impegni presi nell’Accordo di Parigi.

I partecipanti a una delle edizioni della Scuola del clima della Napp, il Coordinamento dei produttori Fairtrade di Asia e Pacifico.

La Crisi Climatica è un’ingiustizia: il suo impatto è sentito maggiormente da coloro che ne sono meno responsabili. I piccoli agricoltori nel Sud del Mondo stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico: siccità e alluvioni, cambiamenti nell’andamento della maturazione e quindi dei raccolti, nuovi parassiti, malattie e piante infestanti legati al clima, rendimenti minori. Lo stesso vale per la pandemia da COVID-19: le persone più marginalizzate sono quelle maggiormente colpite, perché sia la diffusione del contagio sia le misure di prevenzione e l’isolamento hanno un effetto negativo sul loro lavoro e sulla loro attività commerciale. Sia la crisi climatica sia quella da COVID-19 sono solo i sintomi della vera malattia: sono infatti dei segnali allarmanti della forte correlazione tra la causa originale, il modello economico globale, e i devastanti effetti, tra cui le crisi sanitarie e climatiche che stiamo affrontando, sotto forma anche di perdita di biodiversità, deforestazione, ecc.

Un tecnico agroforestale insegna a due socie di Norandino come piantumare gli alberi nell’ambito di un progetto di forestazione. ©Danielle Villasana

Uno squilibrio di potere

In un modello economico nelle cui catene di approvvigionamento c’è uno squilibrio di potere così significativo, i produttori e i lavoratori marginalizzati delle filiere sono tenuti in uno stato di povertà perpetua, con mezzi di sussistenza insostenibili, mentre i grandi importatori e rivenditori raccolgono profitti per i loro azionisti, sulle spalle dei piccoli agricoltori e delle piccole e medie imprese. Un esempio chiave è la deforestazione, la cui causa principale è l’attuale modello delle filiere del cacao e del caffè, in cui un piccolo gruppo di grandi attori del Nord del Mondo guadagna enormi profitti a scapito dei contadini del Sud del Mondo che rimangono in uno stato di povertà perpetua e sono costretti a svendere il loro prodotto al di sotto dei costi di produzione e, di fatto, a ricorrere a pratiche inique come la deforestazione e il ricorso al lavoro infantile.

Il vivaio delle nuove piante di cacao di Cann permette di sostituire quelle colpite dalle malattie provocate dal cambiamento climatico. ©Fairtrade Austria

Priorità ai piccoli agricoltori

E’ chiaro perciò che per combattere la povertà e le diseguaglianze insite in queste catene di fornitura sia necessario affrontare le questioni di sostenibilità ambientale, specialmente quelle che incidono sul cambiamento climatico. Si deve dare priorità ai piccoli agricoltori rispetto all’agricoltura industriale su larga scala: quello di cui loro hanno bisogno per resistere alla Crisi Climatica e a quella da COVID-19 è soprattutto giustizia nel commercio. E tutto ciò è sempre più confermato anche da ricerche indipendenti, tra cui la più recente condotta da IFAD. Sebbene il contesto e i bisogni siano differenti fra contadini, artigiani e altri lavoratori nelle diverse catene di fornitura, la necessità di affrontare il tema della povertà assicurando sostenibilità ambientale e adattamento climatico rimane identica.

Coltivatori di cacao della cooperativa Scinpa, in Costa D’Avorio la cui produzione è stata colpita dagli effetti del cambiamento climatico. ©Sean Hawkey

Un prezzo giusto, equo, remunerativo

La trasformazione verso modelli di produzione e di consumo sostenibili è al cuore della teoria del cambiamento del movimento del Commercio Equo e Solidale. Il Commercio Equo e Solidale si rivolge a tutti gli attori, per invitarli a difendere un prezzo che sia giusto, equo e remunerativo per i produttori, per permettere loro sia di vivere una vita dignitosa grazie al loro lavoro, sia di investire in modelli di produzione agro-ecologici. Il movimento del Commercio Equo e Solidale fornisce modelli di business e di lavoro alternativi che si basano su relazioni commerciali trasparenti e di lunga durata, con lo scopo di garantire condizioni di vita dignitose, di tutelare le condizioni di lavoro, i diritti delle donne, dei bambini e dei lavoratori e la sostenibilità ambientale. Il Commercio Equo e Solidale dimostra che un modello di economia che mette al centro le persone e il pianeta è sostenibile e possible; è ed è già in atto, grazie all’impegno di numerosi attori, come le organizzazioni di Commercio Equo e Solidale che praticano il Fair Trade come mission principale e le aziende tradizionali che scelgono di utilizzare materie prime eque certificate. E’ inoltre sempre più crescente l’impegno politico del movimento equosolidale a favore dei Diritti Umani e della cosiddetta Due Diligence anche in ambito ambientale. C’è ancora bisogno però di sviluppare politiche pubbliche e regolamenti aziendali obbligatori e in questo contesto i decisori politici e le Parti dell’UNFCCC sono attori fondamentali per mantenere gli impegni presi nell’Accordo di Parigi.

Vivaio per la preparazione di nuove piante di cacao, una delle modalità per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico a SCINPA, una cooperativa di produttori di cacao in Costa D’Avorio. ©Sean Hawkey

Gli SDGs

I governi nazionali, le imprese e i cittadini-consumatori devono collaborare affinché ci sia un effettivo passo avanti verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) per un Consumo e una Produzione Responsabili, fondamentali per raggiungere le finalità dell’Accordo di Parigi. Per ottenere realmente una mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, sono indispensabili politiche coerenti che assicurino giustizia nel commercio e garantiscano condizioni eque principalmente ai piccoli agricoltori marginalizzati (come quelli coinvolti nelle catene di produzione del cacao, del caffè e delle banane) e a tutti i lavoratori, artigiani e produttori più vulnerabili in tutto il mondo. Fino a quando le persone in fondo alle catene di valore globali sono lasciate indietro a causa degli sproporzionati squilibri di potere nel commercio, la crisi climatica non si risolverà. 

Filippine, workshop sull’adattamento al cambiamento climatico

Una nuova economia

La recente richiesta del movimento del Commercio Equo e Solidale “Build Back Fairer” (Ricostruiamo più Giusto) evidenzia come, ancora di più nell’attuale contesto legato alla pandemia da COVID-19, non si possa più pensare di “fare business come prima”! È fondamentale che gli sforzi per la ripresa creino una nuova economia, che include e supporti anche le imprese e le organizzazioni di Commercio Equo e Solidale, i produttori certificati e le altre imprese socialmente impegnate. Un’economia in cui le politiche sul clima e sul commercio incentivino la produzione di prodotti equosolidali ed ecologici attraverso standard obbligatori di rispetto dei Diritti Umani e di Due Diligence anche in ambito ambientale, propongano riforme sulla tassazione e proibiscano in ogni settore pratiche commerciali ingiuste. Per costruire questa nuova economia, i pacchetti di sostegno pubblico nell’ambito dei Recovery Plans per superare la crisi da COVID-19 devono essere subordinati alla condizione che le aziende aderiscano a standard economici e sociali come quelli rispettati dalle organizzazioni di Commercio Equo e Solidale e dalle regole di certificazione e monitoraggio del Fair Trade.

Includere i contadini nei processi decisionali

Come già indicato nel Documento del movimento del Commercio Equo e Solidale su COP25, nelle negoziazioni deve essere data priorità ai piccoli agricoltori. In termini concreti, i piccoli agricoltori devono essere inclusi e coinvolti nel delineare i Contributi Determinati a livello Nazionale (NDCs – National Determined Contributions); negli accordi per definire le competenze tecniche e a supporto dell’implementazione di modelli di produzione sostenibili; nella facilitazione di un migliore accesso a finanziamenti e assicurazioni a copertura di rischi legati al clima e nella promozione di misure digitali e infrastrutturali come parte dell’adattamento climatico. Infine, il peso della transizione verso una diminuzione o verso l’azzeramento dell’impatto ambientale nella catena agricola non dovrebbe ricadere esclusivamente sulle spalle dei contadini, dei lavoratori o degli artigiani ma dovrebbe essere equamente distribuito lungo tutta la catena di fornitura.

A nome delle sottoscritte organizzazioni firmatarie:

Fairtrade International
World Fair Trade Organization
Fair Trade Advocacy Office
Fair World Project
Coordinadora Estatal de Comercio Justo 
Equo Garantito
Traidcraft Exchange 
Polish Fair Trade Association 
Fair Trade Scotland
Scottish Fair Trade Forum 
Commerce Équitable France
Forum Fairer Handel
Oxfam Magasins du Monde
GEPA Fair Trade Company
Swiss Fair Trade
EZA Fairer Handel
Fair Trade Federation

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