Caporalato nel foggiano: l'Italia deve aprire la discussione sul "giusto prezzo"

Il grave incidente che si è verificato ieri, dove 12 persone immigrate hanno perso la vita intrappolate dentro un furgone destinato al trasporto di braccianti nel foggiano, non è molto diverso dalle scene che tante volte noi di Fairtrade abbiamo visto sulle strade dei Sud del mondo.
Persone portate nei campi su mezzi di fortuna o che percorrono chilometri di strada a piedi per un tozzo di pane, in condizioni disumane, senza acqua né servizi igienici, ci portano d’improvviso davanti agli occhi situazioni che non vogliamo vedere.

 

Questi episodi, che nascondono un mondo di sofferenza e di sfruttamento, nascono dalle stesse storture del mercato per cui un contadino dei paesi in via di sviluppo stenta a vivere del proprio lavoro perché gli viene riconosciuto un prezzo troppo basso per il prodotto che coltiva ogni giorno.
La stessa cosa succede sul mercato italiano, dove nella guerra al ribasso dei prezzi chi ne fa le spese sono i braccianti immigrati che lavorano 12 ore al giorno nei campi per pochi euro ” dichiara Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia.
“E’ inutile scandalizzarsi per ogni singolo episodio e poi nascondere la testa sotto la sabbia fino alla tragedia successiva, continua. Dobbiamo mettere al centro della nostra discussione la questione del prezzo, oltre a quella della legalità: finché pretendiamo di pagare meno possibile i prodotti della terra, non riusciremo a fermare lo sfruttamento e la schiavitù che ne sono la conseguenza, qui come altrove.
E nemmeno ad arginare l’ondata di disperati che fuggono dalle loro terre per finire nella maglia del caporalato e dello sfruttamento mentre sono alla ricerca di un futuro migliore. Aiutandoli nel loro paese, garantendo un prezzo giusto e un’agricoltura sostenibile, potremmo davvero fare qualcosa di concreto”.

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