Al latte o fondente?

In questo periodo sto lavorando da casa con le mie due bambine che, mentre sono al computer, corrono per casa, giocano o colorano! Proprio qualche giorno fa ero in videoconferenza con alcuni colleghi da diversi paesi dell’Europa quando una delle mie bambine è comparsa nell’inquadratura mostrando orgogliosa il suo uovo di Pasqua.
La collega inglese mi ha chiesto, curiosa, come mai in Italia siamo soliti regalare un uovo di cioccolato. Da loro infatti di solito i bambini ricevono piuttosto coniglietti o piccoli ovetti.
Credo che dipenda dal fatto che fu un’azienda italiana di stampi, la Casa Sartorio di Torino, a brevettare negli anni Venti il sistema per creare forme vuote da modellare con il cioccolato. A Torino le uova di cioccolato e il loro effetto sorpresa (inizialmente contenevano animaletti di zucchero o confetti), divennero di gran moda fin dal 1927. Il loro successo da allora non si è più fermato fino al boom del Secondo Dopoguerra, con la nascita delle uova di cioccolato industriali.
Continuando a chiacchierare abbiamo visto che non è questa l’unica differenza tra il consumo di cacao in Italia e quello dei Paesi nord Europei. Infatti noi ne consumiamo molto meno: ciascun italiano mangia in media 4 kg di cioccolato l’anno, mentre un tedesco o uno svizzero arriva a 11. Probabilmente questo è dovuto al fatto che da noi d’estate fa molto caldo e le vendite di cioccolato crollano. Ne mangiamo comunque di più rispetto agli spagnoli e ai portoghesi, va detto!

Donna che amngia del cioccolato seduta in poltrona

© Andy Wilson / Fairtrade Foundation

Un’altra differenza riguarda il primato italiano del fondente, che rappresenta il 40% degli acquisti, seguito dal cioccolato al latte e da quello bianco. Negli altri paesi, soprattutto in quelli anglosassoni, è invece il cioccolato al latte quello preferito dai consumatori.

Ma qual è la differenza tra cioccolato fondente, al latte e bianco?

La cabossa, cioè il frutto dell’albero del cacao, viene colta e aperta con un machete per estrarne le fave, poi messe a fermentare per qualche giorno e infine essiccate. Queste prime tre fasi avvengono direttamente nei Paesi produttori.

Acopagro, Perù

Estrazione dei semi di cacao dalla cabossa. Acopagro, Perù. © Luca Rinaldini / Fairtrade Italia

Le fave essiccate sono la materia prima che giunge negli stabilimenti di lavorazione. Qui vengono pulite, eliminando corpi estranei e fave rotte, e tostate a 400° per pochi minuti, in modo da riuscire poi a sbucciarle. Le fave sbucciate vengono frantumate e poi, se serve, alcalinizzate, cioè lavate in acqua con un correttore di acidità che ne mitiga l’amaro naturale. Il cacao alcalinizzato, rispetto a quello naturale ha un sapore più rotondo che lo rende adatto a molte lavorazioni in pasticceria.
La granella viene in seguito di nuovo tostata, ma a temperatura inferiore (intorno ai 120°) e infine macinata. Dopo questo passaggio la massa di cacao si presenta in forma liquida e viene chiamato liquor (perché è liquido… non perché sia alcolico!). Il liquor viene pressato per estrarne da un lato il burro di cacao e dall’altro la pasta. Questa pasta è quella che, polverizzata, diventa il cacao amaro con cui prepariamo la cioccolata calda o che spolveriamo sul tiramisu.

Foto di Andrey Cojocaru da Pixabay

Bene: adesso abbiamo tutti gli ingredienti necessari per preparare la nostra tavoletta. Qui entrano in gioco le ricette segrete e i metodi particolari di ciascuna azienda produttrice, che mescolando la pasta di cacao con il burro di cacao, lo zucchero e altri ingredienti dentro a una speciale impastatrice detta conca ottiene la massa liquida e liscia che viene poi raffreddata gradualmente e messa negli stampi.
Se gli ingredienti usati in fase di concaggio sono solo pasta di cacao, burro di cacao e zucchero si avrà il cioccolato fondente (minimo 43% di cacao) o fondente extra (minimo 50% di cacao). Se c’è anche del latte in polvere avremo il cioccolato al latte. Se non c’è pasta di cacao ma solo burro, latte e zucchero otteniamo il cioccolato bianco. Se invece si aggiunge della pasta di nocciole otterremo il buonissimo cioccolato gianduia.
Per ottenere quindi le nostre amate tavolette (o l’uovo di Pasqua che ha dato il via a tutta questa discussione!) ci sono moltissimi passaggi. Alcuni avvengono direttamente nei paesi di origine, e se vengono da cooperative di produttori Fairtrade possono davvero cambiare la vita ai piccoli agricoltori dei Paesi da cui arriva la materia prima. Stiamo parlando principalmente di Costa d’Avorio, Ghana, Peru e Ecuador per il cioccolato Fairtrade venduto in Italia.
Indira Franco, senior product manager Fairtrade Italia

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