6 pregiudizi su Fairtrade e come demolirli

Molte persone ormai conoscono Fairtrade. Perché allora ci sono sempre gli stessi malintesi su che cosa sia e su come funzioni?

Le abbiamo sentite più di una volta queste frasi: Fairtrade non aiuta veramente gli agricoltori; è una trovata del marketing per indurre le persone a pagare di più per prodotti di base; o per farle sentire “a posto” con la loro coscienza. Quante volte è capitato anche a voi di sentire questi commenti?
Lavoro da molto tempo nella comunicazione a Fairtrade Italia e sento sempre circolare gli stessi pregiudizi. Ecco i più comuni e qualche dritta su come dimostrare, con i fatti, che non sono veri.

1. I prodotti certificati Fairtrade sono più cari

Siete proprio sicuri? La gamma di prodotti Fairtrade è davvero ampia con circa 2000 prodotti in vendita in Italia, la maggior parte sotto forma di prodotti con la marca del supermercato o nei discount. I più importanti supermercati hanno il caffè, il cioccolato o il tè a proprio marchio (come Coop, Conad, Carrefour). Insieme a loro anche Aldi e Lidl hanno sviluppato specifiche linee di prodotto con cioccolato Fairtrade. Con tutti questi punti vendita non si può di certo dire che i prodotti certificati Fairtrade siano più cari di altri!

2. Tutti possono mettere il bollino Fairtrade nei loro prodotti e dichiarare che sono etici

L’idea che le aziende solo appiccicando il marchio Fairtrade sui loro prodotti quando vogliono possano dichiarare la loro “patente” etica non regge. Fairtrade è un marchio di certificazione per prodotti che provengono dagli agricoltori dei paesi in via di sviluppo. I prodotti che lo espongono devono rispettare gli Standard Fairtrade messi a punto da Fairtrade International. Questi Standard, che si applicano sia ai produttori (contadini e lavoratori) sia alle aziende di commercializzazione (fornitori dei negozi da cui li compri) sono concordati attraverso ricerche e consultazioni con i partner di Fairtrade ovvero con le organizzazioni di contadini e lavoratori, con le aziende di commercializzazione, con esperti indipendenti e con organizzazioni nazionali Fairtrade come Fairtrade Italia.
Se un’azienda vuole certificare un prodotto, e quindi esporre il bollino nelle sue confezioni, deve per prima essere sicura che rispetti tutti gli Standard. Se non lo fa, può essere controllata e potrebbe essere oggetto anche di un’azione legale.

I prodotti certificati fairtrade - banane

3. Solo una piccola percentuale del prezzo che paghi per un prodotto Fairtrade va ai contadini

Questo è uno dei fraintendimenti più frequenti: che i contadini Fairtrade siano pagati una percentuale del prezzo di acquisto che tu paghi in negozio. Ma il valore finale del prodotto è stato determinato interamente dal distributore.
Pagare ai contadini e ai lavoratori una percentuale del prezzo di vendita, dal punto di vista del consumatore, è un buon modo per dimostrare l’impatto di Fairtrade ma in realtà non risolve le concrete iniquità degli accordi commerciali nel mercato tradizionale. Noi lavoriamo affinché l’organizzazione di produttori, ad esempio una cooperativa di coltivatori di caffè, riceva il Prezzo Minimo quando vende alla persona successiva nella catena di fornitura, di solito un esportatore o un importatore. Per assicurare che i produttori coprano i loro costi di produzione indipendentemente da quanto in basso precipitino i prezzi di mercato.

Cooperativa Agraria Cafetalera Valle de Incahuasi, Peru
Cooperativa Agraria Cafetalera Valle de Incahuasi, Peru. Copyright CLAC

4. Il Prezzo Minimo Fairtrade è sempre fisso

Il Prezzo Minimo Fairtrade è una rete di salvataggio e viene calcolato per coprire i costi di produzione e interviene soltanto negli scenari peggiori.
Facciamo l’esempio di Maria, una coltivatrice di caffè colombiana. In parole povere, se il prezzo di mercato del caffè va sotto il Prezzo Minimo stabilito dagli Standard, la sua cooperativa riceverà il Prezzo Minimo garantito. Significa che Maria e gli altri agricoltori della sua cooperativa potranno coprire i loro costi di produzione e così prevedere i loro guadagni e stabilire un budget preventivo. Tuttavia – e questo è davvero importante – se il prezzo del mercato del caffè è sopra il Prezzo Minimo, allora il compratore deve pagare il prezzo più alto. E sicuramente prezzi più alti possono essere negoziati sulla base della qualità e di altri fattori. Vale la pena ricordare che oltre al Prezzo Minimo o al prezzo di mercato, i produttori Fairtrade ricevono un pagamento extra, il Premio Fairtrade, una somma ulteriore di denaro che decidono democraticamente come spendere al meglio. Alcuni potrebbero spenderla per migliorare le tecniche di formazione e di coltivazione, altri per costruire scuole e cliniche. Fairtrade non impone come spendere questo denaro; è interamente nelle mani dei produttori che controllano il Premio in modo trasparente.

5. Questa azienda dichiara di pagare in modo giusto i propri fornitori e quindi fa commercio equo

A volte vediamo che le aziende dichiarano di pagare i propri fornitori un prezzo giusto per il loro prodotto. Ma questo significa che pagano il Prezzo Minimo? O che pagano il prezzo di mercato quando questo è più alto?
Vale la pena ricordare che quando le aziende fanno dichiarazioni di questo tipo, senza una certificazione terza e indipendente, noi come consumatori dobbiamo soltanto crederci sulla parola.
Il marchio Fairtrade in un prodotto significa che gli ingredienti Fairtrade sono stati verificati in modo indipendente da FLOCERT, un certificatore accreditato ISO. FLOCERT può e, di fatto, sospende oppure decertifica le organizzazioni di produttori se i controlli dimostrano che gli Standard Fairtrade non sono stati rispettati. Quindi, quando si tratta di prodotti Fairtrade, quando ti diciamo che comprandoli puoi aiutare i contadini a ottenere migliori accordi, non devi solo crederci sulla parola.

Coltivatori di cacao della cooperativa Scinpa, in Costa D’Avorio la cui produzione è stata colpita dagli effetti del cambiamento climatico. ©Sean Hawkey

6. Fairtrade è la soluzione a tutti i problemi

Gli Standard Fairtrade hanno aiutato lavoratori e comunità nel mondo con risultati importanti in termini di accesso all’educazione, alla salute e a nuove opportunità per le donne. Ma la battaglia è lontana dalla vittoria. Solo una piccola parte delle merci a livello mondiale viene venduta a condizioni Fairtrade e sfide come il cambiamento climatico, la volatilità del mercato e i conflitti armati rappresentano una minaccia urgente alla sopravvivenza. In realtà, non ci sono scappatoie veloci, non basta schioccare le dita per porre fine allo sfruttamento. Fairtrade è parte di una soluzione a lungo termine ma Fairtrade, da sola, non può risolvere i problemi delle filiere che hanno radici profonde nello sfruttamento dei più poveri. Anche lavorare in una piantagione di banane certificata Fairtrade o in un’azienda che coltiva caffè Fairtrade è difficile. Di sicuro, ai marchi piace etichettarsi come etici, offrendo un veloce soluzione a problemi complessi. Mentre è facile fare dichiarazioni altisonanti e sperare che i consumatori non si accorgano della mancanza di una certificazione terza, Fairtrade sta compiendo concretamente dei passi in avanti.
Guardando oltre, Fairtrade continuerà a sviluppare modi nuovi di lavorare con le imprese per conseguire un cambiamento positivo presso le comunità degli agricoltori. Fairtrade potrebbe non essere più una novità ma la battaglia per la giustizia nel commercio non è mai stata più importante.

Benedetta Frare, Ufficio comunicazione Fairtrade Italia

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