Consumo critico: cosa si intende, come è nato e come è cambiato
Scopri con Fairtrade il significato di Consumo Critico, la sua origine e come adottare un approccio critico al consumo nella nostra vita quotidiana.
Continua a leggereUn’intervista al nostro esperto di clima sulla mission di Fairtrade e il cambiamento climatico. Che non può fare a meno dell’empatia.
Come possiamo costruire un futuro per il pianeta che sia inclusivo, equo e verde? Come possiamo assicurarci che i governi, i leader a livello globale, il mondo dell’industria e i consumatori facciano gesti concreti sia per il clima che per la giustizia sociale? E come Fairtrade contribuisce a creare un domani più verde? Con l’avvicinarsi della 26° Conferenza delle parti sul clima (COP26), questi interrogativi impegnano giorno e notte il nostro esperto per il clima e l’ambiente, Juan Pablo Solís. Quello che guida il suo lavoro di ogni giorno a Fairtrade International è la ricerca di risposte concrete.
Nato in Costa Rica, Solís è approdato a Fairtrade all’inizio del 2021, portando con sé una ricchezza di esperienze in economia ecologica e sviluppo sostenibile: sistemi per un cibo sostenibile, microfinanza, agricoltura sostenibile, cambiamento climatico, problematiche di genere, efficienza energetica, gestione delle foreste e delle agroforeste. Ora il suo obiettivo è quello di assicurare che i contadini abbiano voce in capitolo ai tavoli per la negoziazione sul clima quando si tratta di assicurare un futuro sostenibile, i loro mezzi di sussistenza e la loro sopravvivenza.
“Il dibattito sul clima deve riconoscere le ineguaglianze esistenti tra quelli che sono in prima linea e quelli con il privilegio di accedere a un’ampia varietà di scelte di resilienza. La filosofia del commercio equo è parte della soluzione ed è nostro dovere sostenere la nostra causa e spiegare perché lo pensiamo”.
Mentre la comunità internazionale si prepara COP26, abbiamo incontrato Juan Pablo Solís chiedendogli come Fairtrade è un punto chiave della soluzione sul clima, colmando il divario che esiste tra giustizia sociale e crisi climatica globale.
Quando parliamo del movimento Fairtrade, pensiamo alla giustizia sociale e ai diritti dei lavoratori. Ma spesso non pensiamo a Fairtrade come un attore chiave nell’ambito del clima. Come sta affrontando l’organizzazione l’urgenza della crisi climatica e come questa crisi si sta manifestando nel mondo agricolo in tutto il mondo?
I nostri Standard da tempo hanno posto particolare attenzione alla messa al bando di pratiche insostenibili come l’uso inappropriato di pesticidi o di OGM. Allo stesso tempo, il team Fairtrade sugli Standard ha messo in piedi la propria strategia sull’ambiente a partire dal 2010 e i nostri Standard sul clima sono attivi dal 2015. Dunque, i diritti ambientali e il cambiamento climatico sono sempre stati parte della nostra mission, fin dall’inizio. Ma ora abbiamo bisogno di osare di più e di far pesare la nostra voce sul ruolo di Fairtrade nel promuovere la giustizia climatica.
Infatti, un elemento nuovo che sta emergendo nella crisi climatica globale è la portata e l’imprevedibilità della stessa crisi. Se la pandemia da Covid-19 ci ha insegnato qualcosa è l’importanza di riconciliarci con la natura. Da parte nostra, abbiamo visto una crescente fragilità e vulnerabilità di molti piccoli agricoltori – dall’Honduras all’Indonesia- che affrontano sfide senza precedenti causate dal clima che cambia rapidamente.
Per questo la nostra strategia dei prossimi 5 anni chiaramente inserisce la resilienza climatica come elemento centrale. Il movimento Fairtrade sa che noi saremo lontani dal raggiungere una giustizia sociale se non saremo veloci nell’affrontare allo stesso modo i problemi ambientali e climatici. Non ci può essere giustizia sociale senza i diritti ambientali. Tutti noi abbiamo bisogno di un pianeta sano in cui vivere. Questo non è un problema del “nord globale” o del “sud globale”. È globale ed è urgente.
Quando parliamo di agricoltura e ambiente, pensiamo a monocolture su larga scala che hanno impatti negativi sul clima, sulle foreste e sulla biodiversità. Cosa hanno bisogno di sapere i consumatori e che cosa devono cercare se vogliono comprare in maniera più intelligente e verde?
Ogni giorno ci svegliamo e prepariamo una tazza di caffè o scaldiamo l’acqua per il tè; prepariamo la nostra colazione con frutta tropicale come le banane. E durante il giorno ci godiamo dolci come il cioccolato. Ma anche se questi prodotti ci sono familiari, non ci poniamo le domande importanti: come sono fatti questi prodotti? Come sono commercializzati? E, forse la cosa più importante, qual è l’impronta ambientale del cibo che scelgo?
La conversione del suolo, causata anche dall’agricoltura, è responsabile di un terzo delle nostre emissioni globali. E una parte significativa di questo è provocata dalla conversione di terre incolte a superfici coltivabili e all’eccessivo uso di fertilizzanti ed erbicidi di sintesi. Tuttavia dobbiamo distinguere tra quelle aziende agricole su larga scala e intensive, come i produttori di soia in Amazzonia dai piccoli produttori agricoli che coiltivano cacao in Africa Occidentale. Dal mio punto di vista, è ingiusto mettere i produttori di soia nello stesso contenitore dei coltivatori di cacao perché il contesto conta. Le decisioni che possono essere prese dai contadini dipendono dal tipo di informazione cui possono accedere, dagli incentivi che ricevono e, a lungo termine, dall’ampiezza delle opzioni tra le quali possono scegliere. Un contadino che non guadagna un reddito dignitoso è meno propenso a mettere al primo posto le azioni climatiche dal momento che la sua sicurezza alimentare viene prima.
E questo è il piano su cui Fairtrade si impegna. Ma non possiamo farlo da soli. Anche i consumatori devono aumentare la loro consapevolezza ed essere più empatici nei confronti delle realtà da cui proviene il loro cibo in modo da raggiungere l’equità globale sociale e climatica.
Perché il movimento per il clima ha bisogno di Fairtrade?
La voce dei piccoli contadini è cruciale nel risolvere la crisi climatica globale. È il motivo per il quale il movimento Fairtrade si appella alla comunità internazionale perché tenga conto di quella voce ed è il motivo per il quale stiamo chiedendo spazi che includano le realtà dei piccoli agricoltori nell’agone politico sul clima.
Come in molte battaglie sulle problematiche dei diritti umani, il dibattito sul clima deve riconoscere le ineguaglianze esistenti tra quelli che sono in prima linea e quelli con il privilegio di accedere a un’ampia varietà di scelte di resilienza. Stiamo chiedendo di spingere a livello globale per spostare l’agenda da “non facciamo danni” a “fare di più, investire di più e lavorare di più per invertire e mitigare in uguale misura”. Dal mio punto di vista, la filosofia del commercio equo è parte della soluzione ed è nostro dovere sostenere la nostra causa e spiegare perché lo pensiamo”.
In novembre, i leader globali si riuniranno – virtualmente e fisicamente – a Glasgow, in Scozia, per la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP26). Cosa possiamo aspettarci da Fairtrade nell’ambito di questo grande evento e come vedi il ruolo di Fairtrade a COP26?
Prima di tutto, il nostro approccio è quello di fare in modo di amplificare il più possibile la voce dei produttori. Ci sono molti aspetti in agenda, come il dibattito attuale sulle catene del valore che non causino deforestazioni o l’opoortunità della finanza del clima di incontrare i bisogni dei piccoli produttori agricoli e di migliorare la resilienza che è critica per loro. Crediamo che il commercio sia uno snodo centrale della soluzione e loro hanno bisogno di essere rappresentati. Fairtrade International e la CLAC, il network dei produttori dell’America Latina e dei Caraibi, sono stati ammessi come osservatori e regolari partecipanti alle Conferenze dellUnione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). In passato, avevamo preso una forte posizione a supporto dei piccoli contadini e abbiamo chiesto al commercio internazionale di essere regolato in modo più equo per le persone e per il pianeta insieme a diversi attori del commercio equo nel suo complesso.
C’è un documentario sul clima o sull’ambiente che tutti quelli che sono interessati a questo argomento dovrebbero assolutamente vedere?
Prendere decisioni è strettamente connesso con l’informazione. Riguarda anche le alternative che ci vengono presentate e quelle alternative sono influenzate dai nostri sentimenti. Mi piace praticare l’ascolto empatico il più possibile: per ascoltare e comprendere la realtà da differenti punti di vista (quello dei consumatori e quello dei produttori). È quello che mi aiuta a schiarirmi le idee. L’empatia è un buon modo per diventare più consapevoli sul clima. E così il mio consiglio non è quello di guardare un documentario o un film sull’argomento: posso dire che questi video Brené Brown “What is Empathy and why is so different than Sympathy?” ed Els Dragt “A vision on empathy” mi hanno aiutato a riaffinare la mia pratica.