L’orologio del clima non si ferma

di Juan Pablo Solis, Senior Advisor per il clima e l’ambiente di Fairtrade International

In vista del prossimo vertice sul clima, Fairtrade ancora una volta spinge i governi ad un’azione concreta. Ma il tempo sta per finire.

Nel 1993 nella commedia Ricomincio da capo, Bill Murray vestiva i panni di Phil Connors, un misantropo e cinico meteorologo della Pennsylvania condannato a rivivere ripetutamente il 2 febbraio fino a quando il suo stile di vita e i suoi valori non cambiano. Il film è una commedia dell’assurdo. Ma è anche un allarme sul pericolo di stare fermi – di come il non agire possa far crollare i meccanismi della vita verso un arresto completo e totale.


Con lo stesso spirito, il mondo si avvicina alla prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, o COP27, con un senso di déja vu. Mentre la situazione è cambiata ancora una volta – quest’anno, gli Stati Membri, gli attivisti per il clima e gli attori della società civile scenderanno nella città egiziana dei resort, Sharm El Sheik, proprio per ribadirlo – lo scopo dell’incontro sarà quello di avanzare verso una risoluzione sul clima che mantenga le temperature globali al di sotto della soglia di 1,5°C. Ogni anno l’obiettivo non cambia anche se ogni anno l’urgenza diventa sempre più pressante.

I campi allagati in Belize, dopo le inondazioni provocate dal cambiamento climatico

Per Fairtrade e il movimento del commercio equo, COP27 sarà anche un altro giorno di “Ricomincio da capo”. Seguendo la scia del nostro impegno a COP26 l’anno scorso a Glasgow, Scozia, ci troviamo ancora una volta a ribadire l’urgente necessità di riformare il nostro sistema commerciale globale, facilitando al contempo l’erogazione di un sostegno finanziario fondamentale ai piccoli agricoltori e ai lavoratori agricoli del mondo che stanno soffrendo a causa della crisi climatica globale.

Questo perché, dalla produzione al consumo, il commercio internazionale oggi continua a rimanere uno dei principali responsabili del cambiamento climatico. Soprattutto, lavora in modo iniquo, distribuendo gli impatti della crisi climatica su coloro che sono più vulnerabili e nel contempo i meno responsabili per il nostro status quo climatico. È vero: i piccoli agricoltori, le piccole e medie imprese (PMI) e i lavoratori nei paesi con un basso reddito dove i prodotti Fairtrade sono coltivati, contribuiscono in minima parte alle emissioni di gas serra ma soffrono più di tutti a causa degli impatti spesso catastrofici del cambiamento climatico. Ma questo non è il futuro che vogliamo, quello per il quale stiamo lavorando.

La scuola di Fairtrade per il clima in Kenya. ©Fairtrade Netherlands/ FI

E’ questo il motivo per cui a COP27 stiamo ancora una volta lanciando un appello a nome di oltre 2 milioni di agricoltori in più di 70 Paesi, esortando gli Stati membri e i loro leader ad agire finalmente. Facciamo appello ai Paesi ricchi perché consegnino i 100 miliardi di dollari in aiuti sul clima promessi dalla fine del 2022 e a sviluppare strategie cruciali per aiutare le comunità vulnerabili a superare le perdite e i danni subiti a causa del cambiamento climatico. Di questi 100 miliardi, solo il 2% è attualmente in corso di distribuzione ai piccoli agricoltori. È inaccettabile.


Chiediamo inoltre a tutti gli Stati membri di supportare, rendere possibili e incoraggiare le partnership sostenibili. Nella nostra esperienza, le partnership sono più efficaci quando gli agricoltori e le piccole e medie imprese sono al centro dei processi decisionali. Il nostro lavoro sul clima nel progetto Sankofa, una partnership con Coop, il Segretariato per gli affari economici della Svizzera, la piattaforma svizzera per il cacao sostenibile e l’agenzia danese per lo sviluppo internazionale ha raccolto risultati impressionanti sotto la bandiera degli Obiettivi di sviluppo 13 e 17. Significa protezione della biodiversità attraverso la piantumazione di diversi alberi e colture alimentari per migliorare la salute del suolo e catturare le emissioni di CO2. La cattura del carbonio attraverso queste azioni significa che i contadini guadagneranno e commercializzeranno crediti di carbonio dagli alberi in futuro. E per Fairtrade e i nostri partner arrivare a questo genere di collaborazioni significa avere un impatto profondo e benefico sulle comunità agricole.

©Fairtrade Netherlands/ FI

Ma non ci fermeremo qui. Sappiamo che gli impatti della crisi climatica sono già stati avvertiti dalle comunità locali dei paesi a basso reddito attraverso ondate di calore senza precedenti, siccità calamitose, uragani intensificati e acquazzoni distruttivi. Così, il movimento Fair Trade ricorderà ai leader globali che le politiche del commercio possono fare in modo che le comunità vulnerabili investano nel cruciale adattamento e in tecniche di mitigazione e nello stesso tempo lavorino a sostegno dei risultati dello sviluppo, l’integrazione regionale e in un accesso migliore al mercato. Inoltre, noi continueremo a ripetere che le politiche commerciali hanno un ruolo vitale da giocare nell’assicurare che più valore arrivi agli agricoltori, alle PMI e ai lavoratori per supportare redditi e salari dignitosi.


Inoltre, tutti gli accordi commerciali devono dimostrare un impegno incrollabile nel rispetto dei diritti umani, delle convenzioni dell’ILO, degli SDGs e degli accordi di Parigi attraverso requisiti vincolanti e replicabili. Solo in questo modo possiamo mettere insieme commercio, sviluppo e ambiente come tasselli corrispondenti nella soluzione per affrontare la crisi climatica.

©Fairtrade Netherlands/ FI

In conclusione, avremo bisogno urgente dell’introduzione di importanti misure per sanzionare le aziende che non rispettano le regole sul clima e assicurare che i piccoli agricoltori, le PMI e i lavoratori siano supportati a livello finanziario con il costo che devono affrontare per rispettare le misure di due diligence. Non possono essere lasciati soli a sostenere i costi di una crisi climatica che non hanno provocato.

Le condizioni quadro legali vincolanti devono essere progettate e applicate in modo da promuovere un approccio sostenibile al fare impresa, da prevenire la competizione sleale, da mettere fine allo sfruttamento delle comunità e della natura e da garantire che coloro che sono colpiti siano tutelati nei loro diritti e possano accedere a misure legali.
È sleale far pagare il costo della nostra crisi climatica alle comunità più vulnerabili del pianeta. È il motivo per cui il movimento globale Fairtrade chiede di rafforzare l’impegno pubblico sul clima e agli attori del commercio di rispettare le loro promesse.

Sappiamo che i piccoli produttori, i lavoratori e le PMI sono parte della soluzione per il clima. E sappiamo che il futuro del nostro pianeta dipende dall’adozione di alternative comprovate agli attuali modelli di produzione, nel dare priorità agli investimenti per una transizione più equa e nel passare alle scelte di adattamento e di mitigazione entro questi prossimi 10 anni.


Il 6 novembre, Fairtrade e il movimento del commercio equo arriveranno a Sharm El Sheik con la missione di rompere questa fase di immobilità e di ottenere dei risultati per i piccoli agricoltori e i lavoratori agricoli da quegli Stati membri e dai loro leader. Solo attraverso un’azione concertata da parte delle più ricche nazioni del pianeta, saremo capaci di interrompere il ciclo del Grounhog Day e finalmente di affrontare le essenziali sfide climatiche dei più vulnerabili tra noi.


Dobbiamo agire insieme e dobbiamo agire ora perché non c’è giustizia climatica senza giustizia nel commercio.


Questo editoriale è stato pubblicato in originale in Vox Europ. Traduzione e adattamento ufficio comunicazione Fairtrade Italia

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