È molto faticoso coltivare la vaniglia: al di fuori del suo habitat naturale, l’America Centrale, richiede l’impollinazione a mano. È anche una delle spezie più costose al mondo, ma il suo alto prezzo non si traduce in un reddito dignitoso per i coltivatori e questo mette in crisi intere famiglie.
Siamo in Madagascar, il paese principale produttore al mondo: 80.000 contadini coltivano l’80% del raccolto mondiale. E richiesta di vaniglia, a livello globale ce n’è perché viene utilizzata dall’industria un po’ dappertutto tra dolci, gelati, cibi trasformati. Per questo viene venduta a prezzo d’oro. Ma è anche inserita nella lista nera dei beni prodotti con il lavoro minorile dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti.
Settemila di questi produttori sono Fairtrade. Raggruppati in 12 organizzazioni, stanno diventando i principali sostenitori di una battaglia importante e delicata, quella contro il lavoro minorile, una piaga nel paese.
Ma facciamo un passo indietro.
Una proposta insolita
“Nel 2010 stavamo iniziando a sviluppare il nostro approccio al tema dei diritti basato sugli Standard Fairtrade per la prevenzione del lavoro minorile. Siamo stati avvicinati da un piccolo gruppo di produttori di vaniglia del Madagascar”, racconta Anita Sheith, esperta di Diritti dei bambini a Fairtrade International. “I contadini non volevano essere considerati solo come “vittime” di una situazione di potenziale rischio, ma chiedevano essere coinvolti in una fase di progettazione di soluzioni. In quel periodo, ci stavamo focalizzando su cacao, caffè, cotone e zucchero dove avevamo identificato problematiche significative. Ma questi contadini volevano essere inclusi in un lavoro più ampio.Il loro entusiasmo e la loro determinazione erano qualcosa che personalmente non avevo mai visto prima”.
In difesa dei bambini
I produttori facevano parte di Refamada, una piccola organizzazione che Fairtrade aveva inserito in uno studio dell’ILO sul lavoro minorile nella regione di Sava dove vivevano circa 4000 produttori di vaniglia. Il programma di formazione del progetto li aveva profondamente coinvolti.Avevano portato nelle loro comunità quanto avevano appreso, investendo il Premio in giornate di formazione, nella strutturazione di servizi di protezione e di educazione. Così Refamada è entrata a pieno titolo nel Network Nazionale per la protezione dei bambini costituito da Unicef e dal Ministero degli Affari sociali.