Un sole maestoso si leva da dietro le colline del Darjeeling, nel nord dell’India. In casa c’è già movimento, la famiglia di Robin, la mia guida, è intenta alle faccende domestiche. A colazione caffè, chiapati (il pane indiano, una sorta di piadina romagnola), uova fritte ed un mix di vegetali saltati in padella. Si parte alle 7.30: raggiungeremo in jeep una delle zone di raccolta del tè nella piantagione di Makaibari. Una distesa coltivata che si dipana su oltre 500 ettari, tra le foreste alle propaggini della catena himalayana, nel distretto di Kurseong.

FOGLIA SU FOGLIA

A ottobre, nella regione indiana del Darjeeling, che dà il nome alla famosa varietà di tè, la raccolta volge al termine. Ogni giorno gruppi di donne munite di cesto di vimini e ombrello, per ripararsi dalla pioggia monsonica e dal sole, invadono le piantagioni. In ordine sparso o in fila, iniziano a raccogliere le piccole foglie della preziosa pianta. La Camelia Sinensis è la varietà dalla quale si raccolgono solo i germogli o le foglioline: le donne, infatti, la principale forza lavoro, raccolgono questi frutti della terra e terminato il processo di lavorazione, con pazienza e abilità, selezionano quelli di qualità migliore.
Nella piantagione, tra le piante alte circa 90 centimetri, le raccoglitrici, una accanto all’altra, camminano con difficoltà. Il suono che le accompagna in sottofondo, il più delle volte, è il rumore della foglia quando viene strappata dalla pianta: con un movimento esperto e continuo, riempiono le loro mani prima di gettare il pregiato contenuto all’indietro nella cesta. Altre volte, invece, si può ascoltare il brusio delle loro voci mentre parlano nella loro lingua, il dialetto nepalese. La maggioranza della popolazione del Darjeeling, infatti, è originaria del Nepal. Questa “migrazione” avvenne quando gli inglesi scelsero le pendici dell’Himalaya per coltivare la pianta del tè, trafugata dalla Cina imperiale.
Anche per ottenere buoni scatti, con Robin che mi aiuta nella traduzione per riuscire a comunicare, si riesce ad avanzare con difficoltà sul terreno accidentato. Una goffaggine che diverte le donne, scatenando spesso le loro risate quando inciampo in qualche buca. Nessuna si sottrae all’obiettivo, anzi, superato un primo momento di imbarazzo, mostrano molta disponibilità.
fairtrade_makaibari_rinaldini_raccoglitrici

COMUNITÀ E AMBIENTE

Il lavoro in questo periodo dell’anno è tranquillo, ci si dà da fare dalla mattina presto fino alle 11 circa; poi c’è la pausa per il pranzo e il riposo e si riprende nel pomeriggio fino al tramonto. L’ambiente è rispettato e preservato attraverso, ad esempio, una concimazione naturale senza l’uso di pesticidi. Un’attenzione particolare messa in pratica grazie al sistema Fairtrade, che tramite il prezzo equo e stabile garantisce anche un margine aggiuntivo da investire in servizi a livello sociale e sanitario: un premio gestito direttamente dagli abitanti secondo le loro necessità.
Cala la sera e un gruppo improvvisa un balletto con tanto di musica, tratta da canzoni tradizionali nepalesi, e coreografia. La vita di comunità è semplice nella piantagione di Makaibari, che conta cinque piccole frazioni dove vivono le famiglie dei lavoratori: è una delle pochissime della regione e vanta, anche per merito di Fairtrade, la possibilità di avere l’asilo nido, dove lasciare i bambini mentre si è occupati nei campi. I ragazzi crescendo sono seguiti dagli insegnanti a scuola, dalle elementari fino alle medie.
fairtrade_makaibari_luca_rinaldini_asilo
Foto di Luca Rinaldini