Un vecchio proverbio cinese dice: “Quelli che sostengono che non si può fare nulla non dovrebbero interrompere coloro che stanno facendo qualcosa”. Nel 2015 si è fatto un gran parlare di sostenibilità; che sia un obiettivo raggiungibile o che la si consideri solo aria fritta. Di certo l’esigenza di un commercio che funzioni bene per tutti non sembra trovare una soluzione politica. L’ultimo incontro ministeriale della WTO (World Trade Organization – Organizzazione Mondiale del Commercio) è stato poco prima di Natale: nonostante una negoziazione estenuante e alcuni progressi, i membri della WTO rimangono divisi e il futuro dell’Organizzazione incerto. A chiusura della conferenza, il direttore generale della WTO Roberto Azevêdo ha detto: “Anche non fare niente è una decisione e io credo che il prezzo di questa decisione sia troppo alto”. Appunto.
È stata una fine d’anno deprimente, ma con alcuni momenti di consenso politico e ottimismo. Le discussioni sui cambiamenti climatici a Parigi hanno politicamente sorpreso tutti, con impegni per la riduzione delle emissioni di carbonio che sono andati oltre le aspettative di alcuni e nonostante le molte clausole inserite nella dichiarazione finale. Ma il grande tema quest’anno è stata la firma, da parte di 193 Paesi tra i quali Italia e Regno Unito, della risoluzione ONU sugli SDG (Sustainable Development Goals – Obiettivi di Sviluppo Sostenibile), che guideranno l’agenda dello sviluppo globale per i prossimi 15 anni.
Mentre gli Obiettivi del Millennio si concentravano principalmente suglieffetti della povertà, i nuovi Obiettivi Globali cercheranno di combatterne le cause. Certo, le cause dell’ingiustizia globale hanno radici profonde e sono complesse, perciò non è affatto sorprendente che i 17 obiettivi sembrino praticamente insormontabili. L’Obiettivo 1, per esempio, è “porre fine alla povertà in tutte le sue forme, ovunque”; l’Obiettivo 2 è sconfiggere la fame e l’Obiettivo 12 è “garantire modelli di consumo e produzione sostenibili”. Stiamo veramente dicendo che in soli 15 anni risolveremo problemi che ci affliggono da generazioni? Beh… perché no? Mandela aveva ragione quando diceva che la povertà è causata dall’uomo; sappiamo che c’è abbastanza cibo per sfamare tutti. Penso che non dovremmo lasciarci scoraggiare dalla portata di questa sfida: averle dato un nome è già un bene. Se i Global Goals saranno ratificati dalla maggior parte dei governi sarà un enorme passo avanti. La Presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf ha detto: “Se i tuoi sogni non ti spaventano, non sono grandi abbastanza”. E quale miglior tempo per sognare in grande, se non l’inizio di un nuovo anno?
Raggiungere gli obiettivi globali è un compito per tutti. Certo, i governi devono fare molto. Anche per le aziende c’è parecchio da lavorare in termini di performance sociali e ambientali e di trasparenza. In effetti gli Obiettivi Globali rappresentano una grossa opportunità per le aziende più lungimiranti, che commerciano secondo principi etici creando valore per tutti. Speriamo che sempre più imprenditori decidano di lavorare responsabilmente nel 2016.
Fairtrade è uno strumento. L’anno scorso, il sostegno dei consumatori e delle aziende ha fatto in modo che fossero venduti più di 6 miliardi di dollari in prodotti Fairtrade, in 125 Paesi. Grazie a questo, 1, 5 milioni di agricoltori e lavoratori hanno potuto sviluppare proprio le azioni che i Global Goals auspicano, facendo un passo in più sulla strada che li porterà fuori dalla povertà nella costruzione di un futuro più sostenibile.
Cruciali sono stati, ancora una volta, i prezzi minimi Fairtrade. Nel 2015, i volatili prezzi delle materie prime hanno scombinato la capacità degli agricoltori di pianificare e investire nella loro attività. E l’anno scorso Fairtrade ha fatto guadagnare ai produttori un extra di 115 milioni di dollari in Premium, vitale per orientare gli investimenti delle comunità.
Nel 2016 lanceremo la nostra nuova Strategia Globale. Il proposito per il nuovo anno di Fairtrade è quello di focalizzarsi più che mai su un impatto duraturo e spingere per un cambiamento vero nei salari minimi e nelle condizioni di lavoro, nell’equità di genere e nella resilienza climatica. Imperfetti, e di sicuro difficili, ma con la collaborazione tra consumatori, aziende e produttori questi impressionanti Obiettivi Globali non sembrano poi così impossibili. I cambiamenti avvengono quando tutti lavoriamo insieme nella stessa direzione. Forse la canzone dell’ONU per il nuovo anno dovrebbe essere quella di Elvis, “A little less conversation, a little more action please”.
 
Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sul Guardian ed è qui riprodotto per gentile concessione di Fairtrade Foundation. Traduzione e adattamento: Ufficio comunicazione Fairtrade Italia.
Nella foto: Produttrici di burro di karitè della cooperativa Akoma a Bolgatanga, Ghana. Foto di Nathalie Bertrams.