Rose senza spine, e non solo a San Valentino

Il fiore, la rosa in particolare, resta l’omaggio preferito per chi festeggia San Valentino. Lo dice un’indagine recente della Coldiretti che ha stimato in un 30% la percentuale di italiani che “lo dirà con un fiore”. E probabilmente lo dirà con un fiore africano. E’ dall’Africa infatti, in particolare da Kenya ed Etiopia, che vengono molte delle rose vendute dai fioristi italiani o nei supermercati. Il primo paese perché ha una lunga tradizione di aziende di origine olandese che hanno iniziato a delocalizzare lì già dagli anni 60, la seconda perché da qualche anno ha sta attuando una politica di incentivi per l’ingresso di aziende straniere, attirate dal basso costo della manodopera, degli affitti delle terre e dalla mancanza di dazi.
Mancanza di tutele per i lavoratori, insalubrità dell’ambiente di lavoro (per la coltivazione delle rose si usano mediamente pesticidi che impattano sulla salute), stipendi troppo bassi, sono le condizioni in cui si trovano a vivere i lavoratori delle serre, per la maggior parte donne. A questo si aggiunge il fatto che molte aziende operano noncuranti di politiche di risparmio delle risorse, come ad esempio dell’acqua, in regioni dove comunque il suo utilizzo deve essere il più limitato possibile.
Di questa situazione, tutti gli attori della catena di fornitura dei fiori sono responsabili: se è vero che il 97% del valore delle rose è trattenuto in Europa, disperso tra i rivoli delle aziende di esportazione, importazione e distribuzione, a pagarne il prezzo sono i lavoratori, il primo anello di questa catena.

Che cosa ha fatto Fairtrade finora

Le aziende che aderiscono alla certificazione Fairtrade hanno l’obbligo di assicurare ai lavoratori ambienti di lavoro salubri e di verificare l’utilizzo di strumenti di protezione, come guanti e mascherine, per limitare le conseguenze dell’uso dei fertilizzanti.
A tutela dell’ambiente, c’è l’obbligo di utilizzare al meglio le risorse idriche, in Paesi nei quali la mancanza di acqua o di sistemi per attingervi è un problema importante per la popolazione locale. Nelle serre Fairtrade la produzione deve essere ottenuta col maggior risparmio possibile di acqua, come con la coltura idroponica o l’irrigazione a goccia, e il riciclo delle acque di scolo che vengono bonificate e utilizzate nuovamente per l’irrigazione. Sistemi di raccolta di acqua piovana consentono di non depredare le risorse idriche locali. Come in Kenya, ad esempio.

I lavoratori inoltre decidono come gestire il Premio Fairtrade, utilizzandolo per progetti di tipo sociale o sanitario, per corsi di formazione e di informazione sui loro diritti. Come succede in Kenya, da dove vengono le rose commercializzate in Italia con il marchio Fairtrade.

Infine, per contrastare l’ampio utilizzo di pesticidi che caratterizza l’industria orticola, gli Standard Fairtrade includono una lista di prodotti pericolosi, che viene regolarmente aggiornata e che contiene un elenco di sostanze vietate. Alcune, meno dannose sono comunque consentite perché non possono essere rimpiazzate nella produzione di fiori. Le aziende sono obbligate a formare i lavoratori su come maneggiare, conservare e utilizzare i pesticidi.

Da gennaio 2018 in vigore l’aggiornamento dello Standard

In alcuni paesi non ci sono salari minimi stabiliti per legge per i lavoratori delle serre che possano servire come punto di riferimento per la negoziazione sugli stipendi. Tra questi c’è l’Etiopia, uno dei principali paesi di produzione dei fiori certificati. Fairtrade ha recentemente cominciato ad approcciarsi a questo problema rivedendo gli Standard sui requisiti per le serre, con l’obiettivo di proteggere meglio i lavoratori (aggiornamento del 2017).

Che cosa chiediamo alle aziende del settore florovivaistico

Fairtrade chiede di solito alle piantagioni certificate di pagare i lavoratori prendendo a riferimento la media della regione o secondo il minimo stipendio stabilito a livello nazionale. Una recente ricerca ha evidenziato il livello estremamente basso degli stipendi nel settore dei fiori in Etiopia. Fino a che non c’è un salario minimo nazionale  o attraverso una contrattazione collettiva per i lavoratori del settore agricolo in Etiopia e altri paesi produttori di fiori, Fairtrade ha avuto un’influenza limitata negli stipendi di base che dovevano crescere in linea con gli Standard. Con la revisione dello Standard per i fiori e le piante ora il parametro di riferimento nella contrattazione degli stipendi di base è quello della Banca mondiale. Questo vale solo per il salario, non riguarda i benefit aggiuntivi di cui i lavoratori comunque godono. Il nuovo requisito migliorerà gli stipendi di migliaia di lavoratori del settore dei fiori, in particolare in Etiopia, Uganda e Tanzania .

Il ruolo di Fairtrade

Fairtrade è impegnata a giocare il proprio ruolo per raggiungere un salario dignitoso per il settore dei fiori in Africa orientale. Il salario dignitoso è essenziale per un livello di vita decente e uno strumento chiave per il rafforzamento dei lavoratori. Fairtrade crede fortemente che tutti gli attori – inclusi i lavoratori, i sindacati, le aziende di commercializzazione e i supermercati – possano lavorare insieme per per fare in modo che le serre riconoscano un salario dignitoso e siano protagoniste di sostenibilità in un ambiente altamente competitivo.
Dietro una rosa Fairtrade, non solo a San Valentino, c’è tutto questo nostro lavoro.

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