Come gustare una tazza di buon tè

Caldo, ghiacciato, puro o aromatizzato, una bella tazza di tè è quello che ci vuole per calmare la sete e soddisfare il palato. Sempre più spesso, oltre ai più conosciuti neri e verdi, sentiamo parlare di tè bianchi, gialli, wulong e fermentati, senza contare rooibos, carcadè ed un infinito numero di erbe e spezie.
Come orientarci allora nel mondo degli infusi? Innanzitutto facendo una distinzione tra i tè propriamente detti e gli altri ingredienti delle nostre tisane. I primi sono tutti riconducibili ad una pianta sempreverde chiamata Camelia sinensis, le cui foglie, a seconda del territorio di provenienza e della lavorazione, assumono specifiche qualità organolettiche, oltre a conferire al tè un effetto energizzante sull’organismo grazie al loro contenuto di caffeina (o teina). Il rooibos e il carcadè, invece, sebbene talvolta definiti erroneamente tè rossi, provengono da altre piante, ognuna con particolari caratteristiche distintive ed entrambe prive di teina: i più sensibili potranno quindi gustare questi infusi tranquillamente anche la sera.

Raccolta del tè presso Makaibari Tea Estates, India

Un’unica pianta: la Camelia sinensis

Da qui in poi, ci concentreremo sul tè vero e proprio. Innanzitutto, dove cresce la Camelia sinensis? Gli habitat ideali sono le regioni tropicali e subtropicali con un clima caldo e umido, una temperatura attorno ai 15-25°C e scarse escursioni termiche. In alcune zone, le foglie possono essere raccolte tutto l’anno, in altre, invece, a causa di particolari condizioni di altitudine e latitudine che influiscono sul metabolismo della pianta, ci sono precise stagioni di raccolta.

Il processo di ossidazione

Le foglie costituiscono quindi la materia prima per procedere con le successive trasformazioni che sono collegate ad una reazione chimica molto diffusa nel mondo vegetale: l’ossidazione enzimatica. Sicuramente, abbiamo avuto modo di osservarla notando un imbrunimento poco dopo aver tagliato una mela o i carciofi. Infatti, in presenza di ossigeno e per l’azione di specifici enzimi, alcune sostanze contenute nella cellula cambiano colore e struttura (si ossidano), nel nostro caso modificando il gusto e l’aspetto del tè una volta lavorato. Il controllo del livello di ossidazione permette di ottenere, con altri passaggi, moltissime tipologie di prodotti ed è diffuso classificare i tè per colore in: bianchi, verdi, gialli, wulong, neri (rossi per i cinesi) e post fermentati.

Lavorazione alla fabbrica del tè di Makaibari Tea Estates, India

Cosa si nasconde dietro la coltivazione del tè

I territori in cui viene coltivato il tè corrispondono spesso geograficamente a paesi in via di sviluppo in cui le condizioni di lavoro di chi è impiegato nella filiera possono essere molto dure. I lavoratori non hanno terreni di proprietà o non ne hanno a sufficienza per trarne sostentamento, e hanno poche altre opportunità per godere di condizioni di vita sostenibili. Molti di essi lavorano diverse ore per stipendi molto bassi e hanno paura di far valere i propri diritti per il timore di perdere il posto. In molti casi non hanno contratti di lavoro formali, libertà di associazione, tutele sanitarie, assicurazioni e salari adeguati. In questo contesto Fairtrade cerca, attraverso lo strumento della certificazione, di porsi come tramite tra lavoratori e aziende per introdurre criteri di maggiore correttezza lungo le filiere globali.

Una raccoglitrice di tè di United Nilgiri Tea Estates, India

Il tè Fairtrade

Le piantagioni certificate Fairtrade devono rispettare requisiti relativi al lavoro, all’aspetto sociale e ambientale della produzione, e al modo in cui è commercializzato il tè. Fairtrade richiede alle aziende di pagare ai lavoratori almeno il salario minimo nazionale o uno stipendio pari alla media regionale. Devono inoltre aumentare annualmente i salari reali per avvicinarsi sempre di più alle stime di salari dignitosi. Gli aumenti dei salari e le scadenze vengono negoziati con il coinvolgimento di rappresentati eletti tra i lavoratori. Inoltre Fairtrade verifica che le piantagioni certificate seguano requisiti molto stringenti sulla libertà di associazione, sulle condizioni sanitarie, di sicurezza, di non discriminazione sul luogo di lavoro e altri requisiti (rispetto ai quali si appoggia alle convezioni dell’Organizzazione Internazionale del lavoro – ILO).
In aggiunta Fairtrade assicura ai lavoratori il pagamento di un margine di guadagno aggiuntivo rispetto al salario, il Premio Fairtrade, da impiegare, sulla base di una decisione democratica (ad esempio, sotto forma servizi educativi e sanitari, credito ai lavoratori, formazione, e miglioramento produttivo). La gestione del Premio Fairtrade è affidata al “Comitato di Gestione del Premio”, che, all’interno delle piantagioni, è costituito dai rappresentanti dei lavoratori. Il Comitato definisce l’utilizzo del Premio in modo democratico.

E ora, gustiamoci la nostra tazza di te!

Una volta acquistato il nostro tè Fairtrade preferito, come prepararlo? C’è un’unica e sacra regola d’oro: fate il tè come vi piace e continuate a sperimentare per migliorare la vostra tazza preferita! Bisogna però tenere a mente che nella preparazione del tè intervengono diversi parametri:
l’acqua: come sappiamo, rappresenta il 98% della nostra infusione. Prima di tutto, dovremo assicurarci che non abbia gusti estranei come, ad esempio, cloro o ferro: se così fosse, possiamo optare per un’acqua oligominerale in bottiglia;
il tipo di tè: abbiamo visto che i tè possono essere classificati in grandi gruppi. In linea generale, tè appartenenti allo stesso gruppo (verdi, neri, ecc.) si comporteranno in modo simile, tenendo conto anche del prossimo parametro;
la pezzatura della foglia: ci sarà capitato di notare delle differenze nelle sembianze del nostro tè. A volte le foglie sono intere, altre invece, in particolare nei filtri, macinate finemente, oppure ancora hanno un aspetto sferoidale e così via. Ricordiamo che, più è piccola la pezzatura delle foglie, maggiore sarà la superficie a contatto con l’acqua e dunque più veloce l’estrazione dei composti e più intenso il colore;
la proporzione tra quantità di foglie e acqua: tenendo costante la temperatura, maggiore il quantitativo di foglie, minore il tempo di infusione. È il metodo più utilizzato in Oriente;
tempo di infusione: temperatura e tempo di infusione vanno a braccetto ma all’inverso: con la stessa quantità di foglie, si otterranno risultati simili quando uno aumenta e l’altra diminuisce e viceversa;
temperatura: a tè diversi corrisponde una diversa temperatura poiché essa agisce sull’estrazione delle sostanze che contengono, con il risultato di una tazza più o meno equilibrata. Cosa fare? Provare, provare, provare a dosare tempo, temperatura e quantità di tè secondo i nostri gusti.
Un altro aspetto di grande importanza, spesso sottovalutato, è la conservazione del tè. Infatti, con qualche piccola accortezza, riusciremo a gustarne aromi e sapori il più a lungo possibile. I nemici giurati del tè sono calore, umidità ed “aria”. Ricordiamoci, quindi, di riporlo al riparo da fonti di calore e luce diretta. Utilizziamo contenitori ermetici come le scatole di latta oppure di plastica spessa e opaca per proteggere il tè anche dalla luce. Prima di trasferirlo nelle scatole, possiamo posizionarlo in sacchettini di plastica (ottimi quelli da surgelati), cercando di rimuovere tutta l’aria e chiudendoli con una pinza ermetica. Questa operazione è importante sia che si tratti di tè sfuso che di filtri ed è opportuno separare i tè puri dagli aromatizzati poiché il tè assorbe gli odori molto facilmente.
Di Giovanna Donadel, sommelier del tè
 
 
 
 

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