Fairtrade sposa la fashion revolution

Amo la moda e ne vado fiera. Adoro acquistare bei vestiti, è un autentico piacere sceglierli e poi ammirarmi allo specchio mentre indosso il mio abito preferito prima di uscire di casa. È così per tutti. Il nostro abbigliamento può farci sentire  bene, a nostro agio e parla di noi, mostrando un aspetto della nostra personalità.

Ma ci sono sempre due lati di ogni medaglia e il mondo della moda non fa eccezione.

Tre anni fa, il 24 aprile del 2013, il mondo si è svegliato accorgendosi improvvisamente del lato oscuro della moda quando 1.130 operai sono morti e altre 2.250 persone sono rimaste ferite durante il crollo di Rana Plaza in Bangladesh. È stato il più grave incidente nella storia della moderna industria dell’abbigliamento. I suoi effetti sono andati ben oltre l’Asia e la consapevolezza dei problemi che sussistono nel settore della moda è rapidamente aumentata.

Eppure, quando andiamo in cerca delle ultime tendenze e occasioni è facile dimenticare la macchia invisibile che c’è sui nostri vestiti. La moda, un mondo pieno di creatività, passione e ispirazione, è anche costruito sulle spalle di milioni di lavoratori che subiscono i danni di una protezione insufficiente, vengono privati dei diritti umani e rimangono all’oscuro di quelli legali.

Non posso ignorare questa triste realtà, non solo a seguito dei fatti di Rana Plaza, ma perché nella mia carriera ventennale come specialista del tessile ho potuto vedere con i miei occhi le reali condizioni di vita dei lavoratori. E Fairtrade ha lavorato per cercare di migliorarle per più di un decennio: dal momento in cui il suo standard per il cotone è stato lanciato nel 2005, l’organizzazione mondiale del commercio equo ha ottenuto un grande risultato per i coltivatori di cotone e successivamente si è impegnata per estendere le sue regole rigorose a tutta la filiera.

È per questo che sono orgogliosa del lancio, in anticipo rispetto al Fashion Revolution di quest’anno, del nuovo Standard e del Programma dedicato al Tessile.

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Per la prima volta i benefici del sistema Fairtrade vengono estesi a tutti i lavoratori della filiera, dalla piantagione alla fabbrica. Un‘iniziativa epocale che ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro, aumentare i salari e riconoscere maggiori diritti agli agricoltori e ai lavoratori dell‘industria tessile in tutte le fasi della produzione.

Nel complesso, lo standard ha lo scopo di dare maggior peso alle richieste dei lavoratori delle fabbriche tessili e di consentire loro di negoziare le loro condizioni di lavoro autonomamente.

Per me personalmente, il Fairtrade Textile Programme va al cuore di tutto ciò che Fairtrade come movimento rappresenta. Quando visito le fabbriche in India o in altri Paesi mi appare chiaro che c’è ancora una lunga strada da percorrere per ottenere un cambiamento significativo e duraturo per le persone invisibili che lavorano per vestirci. È una prova di pazienza che richiede impegno e capacità di resistenza. Ma il cambiamento duraturo può essere realizzato attraverso la formazione e la sensibilizzazione sui diritti del lavoro. L’obiettivo del programma è quello di costruire una vasta rete di supporto che offra consulenza e formazione all’interno delle fabbriche e dei siti produttivi. Questo programma sarà aperto anche alle aziende che non sono ancora entrate nel sistema Fairtrade o in una filiera del commercio equo, ma vogliono migliorare le condizioni all’interno delle loro industrie tessili.

Abbiamo iniziato a formare in India una squadra di esperti, uomini e donne che hanno familiarità con i problemi dell’industria tessile, che parlano le lingue locali e conoscono il background culturale degli operai. Senza queste condizioni è impossibile individuare i problemi e trovare soluzioni per ogni fabbrica e la sua forza lavoro.

Dopo la tragedia Rana Plaza, Fairtrade si è schierata al fianco di altre organizzazioni in una campagna per una moda più equa. E se questo ha generato una grande attenzione dei media sulla questione e portato a promesse di cambiamento da parte dell’industria dell’abbigliamento, adesso servono dei fatti per raggiungere obiettivi concreti.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Guardian Sustainable Business il 20 aprile ed è qui riprodotto per gentile concessione.

Traduzione: Ufficio comunicazione Fairtrade Italia.

Foto di Zak Hussein.

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