Covid-19: la nuova normalità degli agricoltori Fairtrade

Nelle scorse settimane, tutti abbiamo dovuto adattare il modo in cui lavoriamo e viviamo per proteggere noi stessi e le nostre famiglie dal Coronavirus. Siamo rimasti colpiti dalla resilienza e dalla dedizione dei paramedici che hanno lavorato giorno e notte per curare coloro che avevano contratto il virus e per mantenere al sicuro le nostre comunità. Abbiamo anche iniziato a renderci conto di quanto siano importanti gli addetti dei supermercati che hanno continuato a riempire gli scaffali di quello di cui avevamo bisogno, e iniziato a ripensare le nostre abitudini di consumo.

Quelli a cui non pensiamo spesso sono gli agricoltori e i lavoratori che non solo si devono adattare a questa “nuova normalità” per vivere e lavorare con la Covid-19, ma stanno anche continuando a rifornire il mondo intero di alcune delle cose che più amiamo – e che alcuni definirebbero necessarie – come la tazza di caffè al mattino, la banana della merenda, il cacao della nostra tavoletta delle 3 del pomeriggio, i fiori che illuminano le nostre giornate, il tè pomeridiano…

Una lavoratrice si lava le mani, Cooperativa Multiactiva de Bananeros del Magdalena
© Cooperativa Multiactiva de Bananeros del Magdalena

Facciamo una chiacchierata con Freddy Rodriguez Cantillo della cooperativa bananera certificata Fairtrade Coobamag, in Colombia, che ci aggiorna sulla situazione della sua comunità.

Com’è la vita dopo più di un mese di lockdown?

Grazie a Dio il cibo non manca e ci è permesso continuare a lavorare: la coltivazione non si è fermata. Questo è molto importante perchè l’agricoltura è la nostra unica fonte di reddito. Stiamo lavorando inesieme ad altre cooperative bananere, ai sindacati e all’ufficio del sindaco per mettere in atto le misure protettive e preventive e assicurarci che ciascuno abbia da mangiare a sufficienza. In questo momento, ad esempio, tutti ricevono gratuitamente frutta.

Ci sono ancora persone che non hanno capito la gravità del virus, che escono in strada senza protezioni e si affollano nei negozi di alimentari, insomma che non seguono le raccomandazioni. La situazione è molto difficile anche per i lavoratori saltuari o per chi non ha entrate certe come gli ambulanti, che continuano a vendere per strada. Sono difficili da controllare perché, nonostante abbiano avuto degli aiuti dalle autorità, non pensano che siano sufficienti e quindi continuano a lavorare.

Tutti i servizi religiosi sono sospesi ma alcuni parroci e pastori hanno deciso di celebrare le messe online per mantenere i contatti con i fedeli.

Quali misure speciali avete messo in atto?

Negli stabilimenti di confezionamento e negli impianti di lavorazione siamo riusciti a separare le aree di lavoro. I materiali che abbiamo usato non sono perfettamente adeguati ma era tutto quello che avevamo a disposizione. Le persone rispettano il distanziamento fisico – per esempio in alcune aziende quando arriva l’ora del pranzo gli addetti si danno dei turni e si mantengono ai lati della stanza.

Voglio sottolineare che stiamo facendo tutto il possibile per mantenere lo staff attuale, in modo da non dover far arrivare altre persone dall’esterno. Nel caso succedesse, ci assicuriamo di sapere da dove vengono e di tracciare i loro contatti. Lo staff amministrativo lavora a porte chiuse e non ha alcun contatto con il pubblico. Solo i dipendenti dell’azienda sono autorizzati ad andare e venire. Quando arriva il giorno di paga settimanale, cerchiamo di minimizzare il contatto: la persona incaricata dei pagamenti usa una maschera e porge il denaro da dietro un vetro. A coloro che vengono a ritirare i soldi viene detto di indossare una mascherina, di lavarsi le mani e di disinfettarsi le scarpe prima di entrare.

Insieme alla squadra locale dei Vigili del Fuoco abbiamo ideato un piano per pulire e disinfettare gli spazi pubblici della cittadina dove ci troviamo, così come gli impianti di lavorazione di ciascuna azienda agricola, le strade e i piccoli villaggi qui intorno. Abbiamo donato 400 litri di candeggina ai Vigili del Fuoco.

Il responsabile ambientale della cooperativa e i suoi assistenti hanno l’incarico di parlare con ciscuna azienda agricola per spiegare le misure protettive e di prevenzione, e sono state consegnate linee guida a tutti i lavoratori, ai fornitori del trasporto della frutta e dei pallet.

Come stanno vivendo il lockdown le persone più giovani?

Fin dall’inizio della quarantena, in marzo, sono state sospese le lezioni in tutte le scuole pubbliche e private, per cui sono tutti a casa in vacanza anticipata. Alcune università hanno scelto di continuare le lezioni in maniera virtuale in modo da non interrompere i corsi. Non tutti hanno un computer e una connessione a internet perciò alcune scuole spediscono per posta ai loro studenti delle fotocopie del materiale didattico, perché possano continuare a studiare.

Tutti gli allenamenti sportivi sono stati sospesi ma i giovani atleti continuano ad allenarsi a casa – hanno trovato dei modi innnovativi per tenersi in forma e gli allenatori hanno mandato delle routine di allenamento da seguire a casa. Tutte le gare sportive sono state sospese e non sappiamo quando riprenderanno, ma i più giovani hanno compreso che la situazione è fuori dal loro controllo e continuano a tenersi in forma a casa in modo da essere pronti quando le misure di lockdown saranno allentate.

C’è scarsità di medicine o dispositivi di protezione individuale?

Certo, perché all’inizio della quarantena tutti hanno acquistato mascherine, disinfettanti e gel antibatterici, finendo gli stock. Anche medicinali come la vitamina C e gli antidolorifici sono difficili da trovare e, anche se alcuni distributori li hanno disponibili, la domanda ha fatto alzare i prezzi.

Qual è la sensazione delle persone rispetto al futuro?

La preoccupazione maggiore è che noi o qualcuno che conosciamo prenda il virus, perciò ci concentriamo sulla prevenzione. Se un lavoratore, un produttore o un membro della famiglia si infetta, dovremo prendere provvedimenti drastici di quarantena; in caso contrario c’è il pericolo di perdere il controllo e generare il panico collettivo.

Il futuro è incerto – viviamo giorno per giorno, aspettiamo notizie, osserviamo come cresce il numero dei contagiati e dei morti qui in Colombia e nel resto del mondo. Siamo ovviamente spaventati, perché vediamo che il virus ha causato tante morti nei paesi sviluppati, e non possiamo neanche immaginare noi stessi in una sistuazione simile in Colombia. Il nostro sistema sanitario non potrebbe sopportarla.

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