Internazionale: le risposte di Fairtrade

Fairtrade apprezza l’interesse della testata “Internazionale”, che, con la pubblicazione dell’articolo di Stefano Liberti “Chi paga il conto per le banane equosolidali” di oggi, si concentra sulle sfide affrontate dai lavoratori nelle filiere di produzione globali.

Tuttavia, riteniamo che l’articolo potrebbe essere leggermente fuorviante perché non è sempre ben specificata la differenza tra banane certificate Fairtrade, con altre certificazioni di sostenibilità e provenienti da produzioni non certificate.

Contesto
La maggior parte dei volumi di banane venduti in tutto il mondo provengono da grandi piantagioni che impiegano una grande forza lavoro, con condizioni di lavoro particolarmente difficili.

Il sistema Fairtrade lavora in molte regioni nelle quali tali situazioni si verificano ogni giorno. Per questo abbiamo istituito norme specifiche sulle piantagioni, per affrontare i problemi dei lavoratori agricoli.

Il dato contenuto nell’articolo di Stefano Liberti pubblicato sulla testata Internazionale, citato nel passaggio “Nel nostro paese arrivano ogni anno undicimila tonnellate di banane del commercio equo”, si riferisce al totale dell’importazione di banane certificate Fairtrade in Italia.

Salari e diritto del lavoro
Le piantagioni certificate Fairtrade devono basarsi, in termini di retribuzione, sul riferimento migliore esistente per il settore. Il riferimento può essere, ad esempio, il salario minimo nazionale, il contratto collettivo del settore o il livello di salario minimo ufficialmente riconosciuto nel paese per questo tipo di funzione.
Le piantagioni certificate Fairtrade devono applicare aumenti annuali dei salari che coprano almeno l’inflazione. Gli aumenti salariali e il calendario devono essere negoziati con i rappresentanti dei lavoratori eletti.

I lavoratori delle piantagioni, inoltre, possono beneficiare direttamente del Fairtrade Premium pagato su tutte le vendite di banane Fairtrade. Il Premium pagato viene versato su un conto separato della piantagione e il suo uso è approvato democraticamente dai lavoratori. Può essere utilizzato per finanziare progetti per la comunità, come scuole, centri sanitari, ecc. Il 20% del Premium può essere distribuito in contanti ai lavoratori. Per quanto riguarda le aree con una grande presenza di lavoratori migranti, come la Repubblica Dominicana, questa percentuale può raggiungere il 50%. Così, il Premium contribuisce direttamente al miglioramento dei guadagni dei lavoratori.

Il Fairtrade Premium
Il Fairtrade Premium è una somma extra di denaro, pagato in aggiunta al prezzo minimo Fairtrade, a favore delle organizzazioni di piccoli produttori o dei lavoratori dipendenti nel caso di grandi piantagioni. Il Fairtrade Premium è uno strumento dedicato all’empowerment e allo sviluppo socio-economico-ambientale delle organizzazioni, dei loro membri e delle relative comunità.

Gli Standard Fairtrade non prescrivono come le organizzazioni di produttori debbano usare il Fairtrade Premium. Gli standard richiedono però che la selezione dei progetti e la gestione dei soldi del Fairtrade Premium avvengano in modo trasparente, partecipativo e democratico: i membri dell’organizzazione decidono insieme come spendere il Fairtrade Premium per raggiungere i loro obiettivi, come ad esempio, migliorare la loro agricoltura, le imprese o la salute e l’educazione nella loro comunità.

Fairtrade fornisce formazione e supporto per consentire ai lavoratori di adottare scelte consapevoli, compresa un’effettiva valutazione dei bisogni sul posto di lavoro e di votare come utilizzare il Premium in un’assemblea generale dei lavoratori.

Salari sufficienti
Il sistema Fairtrade lavora da tre anni nel calcolo di un reddito dignitoso, Paese per Paese. Si tratta di un lavoro lungo: ci vorrà del tempo per avviare progetti pilota per valutare l’impatto in ciascuna delle realtà interessate.

Affinché i lavoratori agricoli possano ricevere un salario sufficiente, tutti gli anelli della catena di produzione devono essere disposti a pagare un po’ di più: le piantagioni locali, gli esportatori e gli importatori, i marchi, i distributori e i consumatori.
Abbiamo iniziato a far sedere le aziende di tutte le filiere di produzione intorno ad un tavolo, utilizzando il riferimento del salario minimo di sussistenza per determinare come condividere il costo di salari più alti. Abbiamo un messaggio chiaro per i produttori, i rivenditori e i distributori: i fornitori non possono far fronte da soli a questa sfida e ognuno deve fare la propria parte.
Per quanto riguarda la Repubblica Dominicana, esistono già i riferimenti del salario minimo di sussistenza e può servire come base per i negoziati settoriali.

Libertà di associazione
Gli Standard Fairtrade garantiscono il rispetto dei diritti sociali dei lavoratori, tra cui la libertà di associazione e la contrattazione collettiva. I lavoratori possono organizzarsi in comitati ed eleggere i propri rappresentanti per negoziare e difendere i loro interessi di fronte al management. Inoltre, i sindacati devono essere autorizzati e i lavoratori devono poter aderire liberamente.

L’organizzazione sindacale nella Repubblica Dominicana nel settore della banana è un fenomeno recente e necessita di un supporto per svilupparsi e rafforzarsi. Il rafforzamento delle organizzazioni sindacali è fondamentale per consentire una contrattazione salariale o settoriale collettiva.
Questo è il motivo per cui il sistema Fairtrade interviene, come ha fatto, ad esempio, sostenendo la creazione di un’unione sindacale, denominata SINTRANOR, nella regione di Mao e Montecristi, dove si concentra parte della produzione di banane del paese. Nel 2013, inoltre, Fairtrade ha finanziato una conferenza alla quale hanno partecipato sindacati domenicani, la federazione sindacale del settore delle banane nel livello latinoamericano, COLSIBA e dei sindacalisti europei per discutere la necessità di organizzare sindacati nella Repubblica Dominicana nel settore delle banane. La creazione di SINTRANOR è proprio un risultato importante di questo incontro.

Lavoratori migranti
La maggior parte dei lavoratori del settore bananiero in Repubblica Dominicana sono migranti haitiani. Questi lavoratori, spesso privi di documenti, lottano per ottenere visti di lavoro e, di conseguenza, in molti casi sono pagati meno del salario minimo e non hanno diritto alla sicurezza sociale, ecc. Molto spesso, infatti, si lavora in un ambiente altamente informale.

Fairtrade ha assunto una posizione proattiva sulla regolarizzazione dei lavoratori migranti incorporando la questione nelle norme.

L’esperienza di “Banelino”
La Cooperativa Banelino diretta da Marike de Peña, intervistata da Stefano Liberti, è un’associazione di piccoli produttori della Repubblica Dominicana settentrionale che producono banane certificate biologiche e Fairtrade.

Da quando, nel 1998, la cooperativa è entrata nel sistema Fairtrade, in pochi anni i villaggi locali si sono rapidamente trasformati: le capanne sono diventate case di legno, sono stati scavati canali di irrigazione.
Per migliorare le condizioni di lavoro, sono stati creati servizi igienici e un servizio mensa a prezzi agevolati.
Sono più di 2.000 le famiglie che ad oggi possono beneficiare di questi migli
oramenti, che rappresentano un vero e proprio investimento per il futuro, per sé e per i propri figli.
 
La realtà di Banelino è stata determinante per la regolarizzazione dei lavoratori. Un post a firma di Giuseppe Di Francesco, presidente di Fairtrade Italia, pubblicato sul blog di Huffington Post il 7 aprile scorso dal titolo “Perché ci battiamo per il diritto a non emigrare“, riporta proprio la testimonianza di Pierre, un lavoratore migrante haitiano: “Prima che la sua situazione venisse regolarizzata, passava da clandestino il confine tra il suo paese e la Repubblica Dominicana per andare a lavorare nelle piantagioni di banane che impiegano per il 75 per cento proprio lavoratori di Haiti senza permesso di soggiorno”.
 
L’impegno di Fairtrade
Il sistema Fairtrade è stato uno dei soggetti che ha spinto il governo dominicano a dare delle risposte a questo problema. Le cooperative e piantagioni certificate Fairtrade hanno aiutato i lavoratori migranti nel settore delle banane a registrarsi nell’ambito del Piano Nazionale dei Lavoratori, lo strumento per la regolarizzazione attuata dal governo della Repubblica Dominicana. Siamo impegnati a continuare il lavoro in questo senso.
 
Diritti fondamentali
Fairtrade ritiene assolutamente inaccettabili sfruttamenti e abusi a qualsiasi livello delle filiere Fairtrade.

Gli standard Fairtrade sulle organizzazioni di piccoli produttori (Fairtrade Standard for Small Producers Organizations) e sui lavoratori dipendenti (Hired Labour Standard) hanno requisiti minimi rigorosi di ingresso in linea con le convenzioni fondamentali dell’ International Labour Organization (ILO).

Fairtrade assume una posizione intransigente contro il lavoro forzato, il traffico di esseri umani, le peggiori forme di lavoro minorile, le molestie sessuali, la violenza di genere qualsiasi tipo discriminazione.

Il requisito Fairtrade contro il lavoro forzato contenuto nello standard sui lavoratori dipendenti (Fairtrade Hired Labour Standard) include un riferimento al protocollo delle Nazioni Unite per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini (UN Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, especially Women and Children) e alla Convenzione ILO C29 in materia di lavoro forzato (ILO Convention C29 concerning Forced Labour) e la ILO C105 sulla soppressione del lavoro forzato (ILO C105 on the Abolition of Forced Labour). Anche lo sfruttamento sessuale e le molestie di qualsiasi tipo sono severamente proibiti.

Mentre Fairtrade, come nessun altra organizzazione o persona, può garantire che nella produzione e nella lavorazione di una merce sia stata coinvolta in nessuna forma di lavoro forzato, ciò che noi assicuriamo è che se qualche forma di questo tipo viene identificata, in maniera presunta o sospetta nel nostro sistema, agiremo per proteggere gli interessati e lavorare con il produttore e / o gli operatori commerciali per garantire che effettuino regolarmente un’analisi approfondita e diano ulteriori risposte nell’identificazione di persone che rischiano di trovarsi a lavorare in queste condizioni inaccettabili.

Supportiamo le comunità di produttori  nel costruire programmi per affrontare i rischi riguardanti i diritti umani nelle loro comunità e nei casi ad alto rischio, siamo partner di organizzazioni basate sui diritti per avere un orientamento e una consulenza in questo campo e realizzare studi per comprendere i fattori chiave che portano le persone ad essere vulnerabili e come attenuarli.

Le sfide affrontate dagli agricoltori e dai lavoratori dei Paesi in via di sviluppo vanno oltre lo scopo di qualsiasi sistema di certificazione. Pertanto, stiamo sviluppando un’esperienza mirata in questo senso, lavorando con produttori e partner per affrontare i rischi sui diritti umani nelle comunità dei produttori Fairtrade.

 
 

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